
“Amare troppo. Come piccoli piedi d’infante scalpitando su un cuore qualsiasi così una mattina – credo fosse primavera – Io mi sono svegliata. Il colore del cielo brillava la notte era svanita. La luce non ustionava accarezzava semplice le mie membra prematuramente stanche. Come un piccolo essere all’inizio della sua venuta al mondo scansavo demoni da ogni parte non serrando lo sguardo, bensì guardando vigile con fatica, sempre. Tutte le volte ho paura a vedermi dentro così mi aggrappo ad una delle tasche della tua presenza ai tuoi occhi, ai tuoi sorrisi idealizzando al massimo faccio tutto per un’altro che non sia me.
Alzo gli occhi: Oggi ci sono solo io nel mio specchio d’acqua sporcato dai miei soli ricordi Vorrei piangere oggi e oggi non smetto di piangere. Non ci sei tu, non ci sono loro ci sono io che mi trascino la sintesi di una vita dedita alla pesantezza come se non ci fosse nient altro come se il mio ruolo fosse sempre essere qualcos altro per qualcuno che mi vuol bene ma non mi vede. Stasera ci sono io – improvvisamente è calato l’inverno eppure il sole è ancora caldo – tempo fa ho stracciato in tanti minuscoli pezzetti la tua presenza C’illudiamo che non vedere sia meglio la camera dell’esperienze nella mia testa ruota come la giostra del Louvre alternando colori a dolori
Ho paura. Ci si salva da soli. Non ho bisogno di nessuno. Fammi entrare dentro di te, ti prego. “Ho bisogno di te” ed io mi spezzo, impazzisco. “Ho bisogno che tu sia questa” Cresce questa maledetta mia ossessione Terribile mia ossessione. Rincorro Non afferro Rincorro Soffro Rincorro ancora Continuo ad amare troppo.
Mi accorgo di avere gli occhi ancora alzati: Oggi ci sono solo io nel mio specchio d’acqua pallida all’apparenza limpida e mi sento come il paio di ciabatte che non indosso mai. “Io sono l’unica persona che non mi lascerà per tutta la vita. Io mi accetto, non voglio essere una fallita ci tengo ancora troppo alla mia vita.” Soffrire non vuol dire amare, sopportare non rende potenti o più degni di ricevere.”
Giulia Castagliuolo, liceale di Ischia, con grande talento per la narrazione e l’immagine, prosegue il suo racconto fotografico “Diario di un sogno” con il ciclo “Identità incerte, Identità diffuse”.
Liceale ischitana, Giulia Castagliuolo si è avvicinata al linguaggio della fotografia per gioco all’età di tredici anni, approfondendolo poi, principalmente da autodidatta attraverso lo studio di grandi fotografi e pittori. E’ così riuscita a creare un linguaggio tutto suo e in continuo sviluppo che apre le porte ad un sogno adolescenziale in continuo contrasto con una spiazzante visione disillusa della realtà.